Coloranti vegetali: il blu del paese della cuccagna

La storia della cosmesi va di pari passo con quella dell’umanità.

Gli antichi egizi erano dei maestri di cosmetologia e alcune loro ricette sono giunte fino ai giorni nostri. Anche i Sumeri, i Babilonesi e gli antichi greci si sono interessati alla salute e alla bellezza della pelle. Potremmo anche dilungarci sulle tecniche di decorazione e cura del corpo in Africa o presso i nativi americani, ma la cosa ci porterebbe molto lontano.

Quello che vogliamo raccontarvi, invece, è la storia del colore blu e di come ci siano diversi modi di affrontare e valutare le sostanze e i prodotti che usiamo tutti i giorni.

L’origine di uno dei più famosi coloranti vegetali

Nell’antichità venivano usati solamente coloranti naturali. Quelli sintetici non esistevano e sarebbero apparsi solo molti, moltissimi anni più tardi. La storia del colorante blu è particolarmente interessante.

Esiste in Francia una zona, vicino a Tolosa, nella quale fino al 1750 si coltivava il “Pastel”, una pianta il cui nome botanico è Isatis tintorea. Il derivato principale della pianta, mescolato con la cera d’api, dava vita a uno strumento con cui scrivere e colorare: ecco l’origine del nome “pastello” usato fino ai giorni nostri. Il Pastel, in italiano “Guado”, non si coltivava per scrivere: la sua funzione principale era di fornire la materia prima per colorare i tessuti.

I tintori che si occupavano di questo raccoglievano anche pagliuzze di colore purissimo che venivano a galla durante la tintura dei tessuti. Il colore puro così ricavato era usato dai grandi pittori dell’epoca per le magnifiche volte blu che arricchiscono le nostre cattedrali. Quando visiterete una chiesa antica e ammirerete il blu profondo delle varie decorazioni, ricordatevi che esso deriva da un semplice arbusto che cresce anche nel nostro paese.

Alla coltivazione del Pastel seguiva la sua raccolta. L’erba veniva poi confezionata in palle di una decina di centimetri di diametro, disposte in apposite mensole a fermentare. Mercanti da tutto il mondo si recavano in questa zona per acquistare il colorante blu. Un commercio che rese il paese molto ricco. Le palle di Pastel venivano chiamate “Cocagne” e i pellegrini che passavano nel sud della Francia per recarsi a Santiago de Compostela riferivano di essere passati nel “Paese della Cuccagna”, in una regione cioè dove non mancava nulla. Cibo in abbondanza, belle case, popolazione felice: ecco svelata l’origine di un termine ancora oggi utilizzato: “il paese della cuccagna”.

Il blu Pastel ai giorni nostri

La coltivazione del Pastel subì però un repentino tracollo a causa dell’importazione di un altro tra i più celebri coloranti vegetali: l’Indaco. Come dice il nome stesso questo prodotto era di produzione indiana e la sua concorrenza feroce al blu francese segnò il progressivo abbandono di quest’ultimo.

Quindi? La storia finisce qui? Certo che no! Alcuni anni fa a Tolosa si è tenuto un convegno dedicato ai coloranti vegetali e, in particolare, al Pastel. Questo evento ha avuto l’effetto di rilanciare il prodotto, tanto che Missoni, Naj Oleari, Nina Ricci e altri grandi stilisti, in seguito al convegno, hanno scelto di usare sui loro capi solamente con coloranti vegetali.

Tutto molto bello, ma come la mettiamo col mercato e le sue capricciose richieste? Un chilogrammo di colorante vegetale, infatti, costa 100 contro l’1 di quello sintetico. E l’industria non ha dubbi: utilizza quello sintetico.

Coloranti vegetali vs. coloranti sintetici

A conti fatti sembra molto più conveniente utilizzare coloranti sintetici, no? Ma ecco cosa ci ha riferito un tintore in occasione del convegno:

“usando i coloranti blu sintetici avevo un eczema che mi ricopriva mani e braccia fino ai gomiti, da quando lavoro con coloranti vegetali l’eczema è sparito”.

Consideriamo allora anche il punto di vista dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: un chilo di colorante sintetico costa alla collettività 100, mentre quello vegetale costa 1. Questo perché i coloranti vegetali riducono i casi di eczema, l’utilizzo di farmaci nonché le giornate lavorative complessive perse per malattia. Inoltre il sistema agricolo che sta alla base della produzione del blu impedisce la desertificazione delle campagne, garantisce meno spese sociali a causa della disoccupazione e fa guadagnare migliaia di giornate di lavoro.

I coloranti sintetici sono sostanze che favoriscono l’insorgenza di allergie senza avere alcuna utilità in termini di efficacia del prodotto, sia esso un cosmetico o un detergente. Uno shampoo verde o rosso non lava meglio di uno shampoo incolore. Forse sarà più bello da vedere, ma occorre essere consapevoli che per un effimero piacere per gli occhi si rischiano delle conseguenze per la salute.

Il SIDAPA, l’associazione dei dermatologi ambulatoriali sostiene che circa il 23% delle donne e il 13,8% degli uomini ha lamentato una reazione avversa a cosmetici nel corso di un anno.

Come riconoscere i coloranti e come evitarli?

Semplicissimo: per ogni cosmetico è possibile consultare la composizione INCI della formulazione. In questa, tutti i coloranti sono preceduti da “CI” (Color Index). Ecco una lista dei coloranti meno pericolosi attualmente presenti sul mercato:

 tabella con gli indici dei coloranti meno pericolosi sul mercato

Per concludere, meglio acquistare prodotti privi di coloranti oppure colorati attraverso questi pigmenti. Altrimenti… meglio evitare!

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